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IL NOSTRO MIELE

     
API - CULTURA "PIAN DI MIELE"

 

   

Prima di presentare il nostro miele e di spendere qualche parola sulle caratteristiche salienti e le proprietà del miele in generale, credo sia necessario raccontare qualcosa sull’ubicazione dei nostri apiari e sulle metodologie di allevamento e smielatura che usiamo.

E’ scientificamente provato che le api abbiano delle specie di “filtri” che trattengono impurità ed elementi inquinanti, ai quali è, pertanto, impedito di passare al miele. E’ stato, anni addietro, condotto uno studio empirico su api che bottinavano pollini in zone rese radioattive dalla tragedia di Chernobyl. Mentre le api risultarono radioattive, lo stesso non venne riscontrato per il miele, che risultò essere puro (fonte: Marco Valentini).

Tutto ciononostante, forti dell’adagio “è meglio aver paura che buscarne” e per rispettare le regole della apicoltura biologica, riteniamo che le arnie debbano essere tenute in luoghi il più possibile scevri da fonti inquinanti di qualsiasi tipo.

 

 

 

 

Ubicazione delle arnie ed apicoltura biologica

 

 

 

Così le nostre famiglie si trovano in luoghi del tutto privi di fonti di inquinamento rilevabili: essendo addirittura ben lontane da strade e da coltivazioni, dove potrebbero essere usati fitofarmaci o fertilizzanti chimici.

La flora circostante gli apiari è costituita da cotichi pascolivi, more di rovo, boschi di castagno con macchie di acacie, mentre poco distante vi sono piccole abetaie; in questo modo il tipo di miele che siamo in grado di produrre è circoscritto a: castagno, acacia, mille fiori, edera e melata; quest’ultima quando permesso dalle condizioni climatiche e dalla presenza degli acari che rilasciano la preziosa sostanza zuccherina sulla vegetazione.

A proposito di apicoltura biologica è subito bene precisare che la nostra è... "anarco-biologica" dato che, essendo per adesso la nostra un’attività hobbistica, non abbiamo interesse né i requisiti per chiedere la certificazione bio. Ciononostante, la pratica apistica che seguiamo è quasi integralmente corrispondente ai protocolli per l’apicoltura biologica: così non usiamo alcun prodotto di sintesi chimica o farmaco per contrastare o prevenire le patologie delle api, utilizzando solo  oli essenziali (timolo, mentolo...) ed acidi organici (acido ossalico). Dato che sono importanti anche le piccole cose, nell’affumicatore – ad esempio – mettiamo erba secca, teli di iuta, pigne, evitando il comodo cartone che può contenere collanti nocivi.

Prima, infine, di dire di come "produciamo" il miele... forse è proprio il caso di dire che non lo produciamo affatto! Noi ci limitiamo ad estrarlo dai telai, sottraendolo a chi lo produce realmente. Il miele è fatto solo ed esclusivamente dalle api che, ad onta della circostanza che si chiamino api mellifere (fero, in latino vuol dire portare) e non mellifiche (da facio, fare), lo creano tramite propri enzimi dalla semplice raccolta dei nettari dei fiori.

Per quanto concerne la nostra attività, l’estrazione del miele, rispettiamo assolutamente i metodi naturali e tradizionali, con tutte le operazioni effettuate a mano e senza che il miele venga né scaldato né manipolato in alcun modo. In pratica (rinviando per i dettagli alla nostra tecnica apistica), per essere chiari, i telai del melario vengono portati in laboratorio, dove le cellette vengono disopercolate a mano con l’apposita forchetta o col coltello. Messi i telai nello smielatore, il miele, per effetto della forza centrifuga, viene espulso dalle cellette e viene raccolto nel fondo dello smielatore stesso. Da qui viene passato in un secchio, filtrato attraverso un filtro a rete in acciaio ed uno a calza, e versato nel maturatore; dopo qualche giorno, una volta venuta a galla la schiuma dovuta all’aria, il miele viene invasettato a mano ed etichettato. Nessuna artefazione di sorta, quindi, a differenza che nelle produzioni industriali o, comunque, artigianali ma su scala quantitativa maggiore. Il che, necessariamente, può comportare che il nostro miele a volte sia meno omogeneo di altri, con aree di cristallizzazione diverse anche all’interno dello stesso vasetto. Un po’ come accade per la frutta biologica, dove possiamo scordarci forme perfette e colori sgargianti ma dove abbiamo la certezza di trovare i sapori genuini di una volta...

 

 

Sopra a sinistra si disopercola un telaio col coltello; a destra i telai, disopercolati, girano nello smielatore

Caratteristiche e proprietà del miele

Talvolta si sente dire o si legge, su banchini di venditori di fumo più che di miele, che questo è ricco di proteine, decine di vitamine e che ha facoltà medicamentose da vera panacea. Noi siamo dell’avviso che il miele si limiti ad essere un prodotto naturale, buono, sano e molto calorico che può contenere estratti essenziali delle piante che vengono “bottinate” dalle api, oltre - indubbiamente - a vitamine e sali minerali.

Il miele è, infatti, costituito da zuccheri: in misura maggiore fruttosio ed in percentuale minore glucosio, a seconda del tipo di miele. Contiene poi vitamine, soprattutto D ed E, e piccole parti essenziali delle piante che, per mezzo del polline, passano al miele. In questo senso, e con questo limite, può essere corretto asserire che un determinato tipo di miele “fa bene” ad una determinata patologia. In effetti basta riflettere sul fatto che la farmacopea tradizionale si basava solo ed esclusivamente su estratti di erbe, ognuna con effettive proprietà medicamentose, per intuire che queste possono essere veicolate nel miele.

Con tutti i “se” ed i “ma” che ci siamo sentiti in dovere di premettere, queste sono le caratteristiche organolettiche e “medicinali” dei nostri mieli, mentre restano da spendere due parole sul come si producono mieli di diverso tipo. Quando vi è una fioritura abbondante, ad esempio l'acacia o il castagno, le api bottinano (cioè raccolgono il polline ed il nettare di) quella determinata infiorescenza finché non sfiorisce. Così è sufficiente togliere i melari prima di una fioritura successiva per ottenere mieli mono floreali che, per convenzione, debbono contenere almeno il 30% di pollini della stessa  specie vegetale. Ci sono apicoltori che tolgono i melari immediatamente prima che finisca una data fioritura, per ottenere mieli molto puri. Noi preferiamo attendere che le api abbiano opercolato le cellette, in modo da avere – nel modo più naturale possibile – il corretto livello di umidità (inferiore al 18%) nel nostro miele. E se, mentre attendiamo, le api aggiungono qualche altra fioritura, pazienza!

 Acacia: e' uno dei mieli più conosciuti e più amati, molto apprezzato per la sua liquidità, limpidezza e per il gusto dolce, poco aromatico, zuccherino e confettato. L’acacia (robinia) fiorisce normalmente intorno ad Aprile-Maggio, per circa una settimana, dieci giorni. Si tratta di una fioritura molto intensa, che fa letteralmente impazzire le api, che “non sentono altro” per tutto il tempo della fioritura! Si tratta di un miele particolarmente indicato, proprio per la sua dolcezza e la sua mancanza di aromi particolari, per essere usato quale dolcificante ed è il miele più amato dai bambini e da chi... non ama particolarmente il miele!

La nostra produzione di miele di acacia del 2010 è stata buona, anche se - per onestà intellettuale - è stato un miele un po' carico e non eccessivamente trasparente; tuttavia molto gustoso e sapido. La produzione del 2011 è stata indubbiamente migliore: molto trasparente e con una purezza davvero notevole. Il 2012, con i melari ancora da togliere mentre aggiorniamo il sito, non promette niente di buono, soprattutto per l'esigua quantità di fioritura avuta.

 

 

Castagno: costituisce una delle principali produzioni mono floreali in Italia; il castagno, in Toscana, fiorisce tra Giugno e Luglio, dopo l'acacia. Il miele che se ne ricava è caratterizzato da un colore scuro e dal gusto intenso, amaro. Anche l'aroma è intenso,  rispecchiando l’odore caratteristico di castagno. E’ molto apprezzato se accompagnato a formaggi corposi (pecorini stagionati, ad esempio) ed alla ricotta di pecora. Si dice sia ottimo quale emolliente e curativo per la tosse.

Il "nostro" miele di castagno del 2010 è stato, modestia a parte, davvero buono; con un colore non eccessivamente scuro ma con  un bouquet caratteristico ed amaro, oltre ad una consistenza vellutata. Il 2011 ha portato una prima produzione analoga, dal carattere molto deciso, ed una tardiva più morbida, con aggiunta probabilmente di fiori di more di rovo. Il 2012... si vedrà!

 

Millefiori:  che dire del millefiori? Di tutto un po’, come suggerisce il nome! E’ un miele misto, non di un’unica fioritura, che può presentare caratteristiche differenti di anno in anno, di volta in volta. E' considerato un miele meno pregiato, perché non monofloreale, ma proprio per la sua caratteristica di essere prodotto da tanti tipi diversi di nettare può essere davvero gustoso, sempre nuovo, sempre diverso.

 Il nostro del 2010, ad esempio, è stato - come diciamo noi -  “leggermente "accastagnato”! Dolce, ma non troppo, di un bel colore rossiccio, con un sentore di castagno particolarmente gradevole (e questo almeno per noi che amiamo  tanto il castagno!).

Ne abbiamo fatto, a fine stagione, un altro, ancora più "accastagnato" che abbiamo chiamato "aroma di bosco", di fatto un-bi flora tra castagno e more di rovo, del quale parleremo più sotto.

Una prima produzione di mille fiori del 2011, esigua come quantità, ha un sentore marcato di timo, molto gradevole. Anche in questo caso, per il 2012 si dovrà pazientare un poco...

 

 

 

Edera: nel 2010 abbiamo voluto esagerare e lasciare i melari sulle arnie fino ad inizio Ottobre… e… sorpresa! Le nostre simpatiche apine hanno raccolto tanta edera e sicuramente qualche altro fiorellino, e ci hanno deliziato con questo miele, duro, biancastro dalla consistenza cremosa e dal gusto veramente piacevole, molto floreale, quasi balsamico e profumatissimo.

Si tratta di un miele che raramente viene prodotto in quanto solidifica quasi immediatamente ed è quasi impossibile da smielare. Nei telai, dopo la centrifugazione, sono rimaste tante cellette piene di "sassolini" bianchi che, prima di sacrificare, ci siamo inventati un paio di modi per utilizzarli...

Ad essere sinceri non sappiamo se sarà un tentativo che oseremo ripetere in futuro, ma è stata una bella esperienza che ci ha donato appena dieci chili solamente di miele ma davvero squisito. Quasi fosse Nutella bianca!

 

Aroma di bosco. Dopo la fioritura del castagno, i campi intorno ai nostri apiari – posti non in pianura ma neppure eccessivamente in alto – abbondano di fiori multicolori di tante specie diverse. Così, prima della “temibile” edera, nel 2010 abbiamo raccolto un ulteriore tipo di mille fiori, costituito da fiori di campo, castagno e more di rovo, le infiorescenze delle quali ammantano i rovi di bianco e rosa in attesa dei succosi frutti tardo estivi. Si tratta di un miele che, prendendo spunto dall’amico e collega Stefano, abbiamo definito “aroma di bosco”, del quale presenta l’amarognolo del castagno, ingentilito dal sapore più leggero delle more. E’ venuto un po’ più liquido degli altri, motivo per cui, personalmente, ci piace leggermente meno ma risolve benissimo il problema, di non poco conto, della “frantumazione della fetta biscottata” al passaggio del coltello con mieli troppo densi o cristallizzati! E poi... ci ha aiutati a risolvere l'altro problema... dell'edera residua!

 

Aroma di bosco e caramelle. Anche se, qui in Toscana, imbarazza sempre chiamare i favi col loro nome... abbiamo deciso di utilizzare i favi nei quali, dopo la smielatura, sono rimasti svariati chili di miele di edera cristallizzata.

Così, con certosina pazienza abbiamo estratto, uno ad uno, dei piccoli cilindri di miele di edera: da succhiare come fossero caramelle. Abbiamo poi riempito i barattoli con il nostro "aroma di bosco" e con uno strato di caramelle che, ostinatamente, non vogliono saperne di rimanere sul fondo ma scorrazzano nel barattolo in quanto più leggere del miele.

Secondo noi il risultato è stato notevole: sottofondo amarognolo, liquido avvolgente, nel quale si sciolgono perle di edera dal gusto più dolce...

E di nuovo si apre il dilemma per il 2011: insistere nel massacrarci con l'edera, che, alla fine abbiamo capito il motivo, quasi nessuno produce... o fare a meno di queste delizie di autunno...? Alla fine abbiamo desistito, vedendo un po' che fare per quest'anno.

 
   

Il bianco cremoso del nostro miele di edera, 2010

 

Aroma di bosco e favi. Quando non ne abbiamo potuto più di estrarre cilindri dalla cera (forse i certosini avevano più pazienza di noi!), abbiamo pensato di tagliare in rettangoli il favo stesso, in modo da poterlo mordere e succhiare e sputare, molto poco galantemente, la cera. Abbiamo immerso i pezzi di favo nel solito "aroma di bosco"... e, anche in questo caso, il risultato è “divertente”: col favo da tagliare e mordere una volta finito il miele. 

Mastica e sputa, da una parte il miele,

mastica e sputa, dall’altra la cera...

Mastica e sputa, prima che faccia neve...”

Così, il grande Fabrizio de Andrè, stavolta con Ivano Fossati, in “Ho visto Nina volare”, dall’album Anime Salve. Chi conosce bene le parole delle canzoni di uno dei nostri poeti e cantanti preferiti, dice che si tratti di un riferimento a quanto, qualche decennio fa’, accadeva a Matera, dove le donne erano dedite all’apicoltura. E che, bellissima suggestione, il ripetersi dell'alternanza tra lo sputare la cera ed il miele volesse simboleggiare il ripetersi della vita quotidiana, interrotta dallo sbirciare Nina.

 

Il filtro sul quale il miele di edera ha formato dolcissime stalagmiti

 

 

 

Ho tratto questa informazione dal bellissimo sito www.giuseppecirigliano.it che riporta la tesi secondo la quale, alla sera, le anziane, nel mentre stavano attorno al camino o cucivano, fossero solite succhiare i favi, dai quali era stato estratto il miele, per sputare sia il miele che la cera, da riutilizzare in un secondo momento. Per capire tale usanza bisogna, forse, andare indietro nel tempo, quando ancora non erano impiegate le attuali arnie e l’attività apistica era di tipo “distruttivo”. Per estrarre, cioè, il miele si uccidevano le api e si distruggeva il loro lavoro di costruzione dei favi, pressando tutto ed estraendo il miele da un torchio. Così, immagino, venisse succhiata la poltiglia residua per dividere il poco miele rimasto dalla cera. Onestamente mi sembra poco credibile venisse diviso, in bocca, il miele dalla cera per sputarli poi separatamente. O almeno... mi auguro non venisse fatto!